L’allarme arriva dal mondo dell’oncologia italiana: nonostante il legame diretto tra stili di vita e prevenzione dei tumori, il nostro Paese investe ancora troppo poco in questo settore cruciale. È quanto emerge dal 26° congresso nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) svoltosi a Roma.

Secondo i dati presentati, ben il 45% dei decessi per tumore in Italia è attribuibile a fattori di rischio modificabili, come fumo, alcol, sedentarietà e alimentazione scorretta. Si tratta di circa 80.000 vite perse ogni anno dei 180.000 decessi complessivi annuali stimati. Eppure, nonostante l’evidenza scientifica, l’Italia stenta a investire in programmi di prevenzione efficaci.

“La spesa sanitaria dedicata alla prevenzione oncologica in Italia è pari a solo il 6,8% del totale, una cifra ben al di sotto della media europea”, spiega il 𝗗𝗿. 𝗦𝗮𝗹𝘃𝗮𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗧𝗲𝗰𝗮𝗺𝗲, 𝗗𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲 𝗦𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗔𝗸𝘁𝗶𝘀 -. Questo ritardo si traduce in un mancato investimento sulla salute delle persone e in un aumento dei costi a lungo termine per il sistema sanitario”.

Non solo; vi è uno studio pubblicato su The European Journal of Health Economics che ha evidenziato un altro aspetto preoccupante: i costi out-of-pocket sostenuti dai pazienti oncologici e dalle loro famiglie. Tra le voci di spesa più significative per i pazienti ci sono i trasporti, un problema particolarmente sentito nelle regioni come la Campania, dove il pendolarismo sanitario è una realtà per molti pazienti.

In questo scenario, i centri diagnostici come il nostro svolgono un ruolo fondamentale. Offrendo servizi di screening e diagnosi precoce, possiamo contribuire a individuare i tumori in fase iniziale, quando le possibilità di cura sono maggiori. Solo investendo sulla prevenzione possiamo ridurre il numero di casi di tumore e migliorare la qualità di vita dei pazienti e delle loro famiglie